L’art. 696 bis c.p.c. è stato introdotto nel codice vigente mediante l’art. 2, 3° co., lett. e bis, n. 6 del d.l. n. 35/2005 ed è entrato in vigore dal 01.03.2006.
La particolarità dell’istituto in esame risiede innanzitutto nella sua finalità. Con tale norma, il legislatore ha voluto sostanzialmente riconoscere alle parti la facoltà di pervenire ad una composizione della lite in una fase antecedente a quella processuale[1].
Il primo comma dell’art. 696 bis c.p.c., infatti, prevede che le parti possano richiedere l’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Tale domanda può essere rivolta prima dell’inizio della causa di merito e, inoltre, in assenza di uno stato di periculum in mora, presupposto – quest’ultimo – dell’accertamento di cui all’art. 696 c.p.c.[2]
Il Giudice, qualora decida di accogliere la domanda, dispone pertanto la consulenza e la affida ad un esperto, il quale ex lege tenta la conciliazione tra le parti. In caso di buon esito, il Giudice, con decreto, attribuisce l’efficacia di titolo esecutivo all’accordo inserito nel verbale di conciliazione[3] (esente da imposta di registro). Nel caso in cui non si pervenga ad una conciliazione, ciascuna parte può, ai sensi del V co. dell’art. 696 bis c.p.c., chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito, sostanziandosi pertanto quale mezzo istruttorio preventivamente acquisito.
Nonostante la sua collocazione nel codice di rito, la dottrina – seppur non unanimemente – ha concluso per la non riconducibilità dell’istituto in esame alla categoria dei procedimenti cautelari.[4] Già nel testo di legge, invero, non si rinviene il presupposto del periculum in mora, elemento strutturale nelle misure cautelari[5]. Tuttavia, ciò non osta che possano applicarsi alla consulenza tecnica preventiva le norme sui procedimenti di istruzione preventiva come, ad es., l’art. 669 septies c.p.c. sul provvedimento di rigetto dell’istanza cautelare e l’art. 669 terdecies c.p.c. in tema di reclamo cautelare[6].
In tema di procedimento monitorio, l’art. 633 c.p.c. indica, tra le varie, che una delle condizioni di ammissibilità al fine di ottenere l’ingiunzione di pagamento dal Giudice è quella di fornire prova scritta del diritto fatto valere (art. 633, co. I, n. 1), c.p.c.). La portata dell’accezione di prova scritta è più ampia di quella prevista dagli artt. 2700 e 2702 c.c.[7] All’articolo 634 e ss. c.p.c., si rinviene una sorta di elenco di tutti quei documenti idonei a soddisfare il requisito di cui all’art. 633, co. I, n. 1), c.p.c. Fanno parte di tale elencazione, a titolo esemplificativo, le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata e i telegrammi, anche se sprovvisti dei requisiti prescritti dal codice civile, e per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di denaro, nonché per prestazioni di servizi compiute da imprenditori, gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli artt. 2214 e ss. c.c., bollate e vidimate nelle forme di legge e gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie.
La giurisprudenza, oramai costante[8], afferma che un qualsiasi documento meritevole di fede dal punto di vista dell’autenticità dello stesso e avente, al contempo, efficacia probatoria – ancorché non assoluta del diritto medesimo – può costituire prova scritta del diritto del ricorrente. Tale documento, reputato idoneo dal Giudice a comprovare il diritto fatto valere, può provenire non solo da debitore, ma anche da un terzo[9].
È infatti nel successivo, ed eventuale, giudizio di cognizione che verrà accertata la completezza della documentazione, ove peraltro il creditore ha la possibilità di fornire nuove prove per integrare, con efficacia retroattiva, quanto prodotto nella precedente fase monitoria (si vd. ex multis Cass. sent. 25.07.2011 n. 16199).
Una diversa interpretazione porterebbe l’inevitabile conseguenza di impedire il ricorso al procedimento monitorio anche sulla base di una scrittura privata non riconosciuta.[10]
Trattando la questione se la relazione peritale possa essere ricompresa all’interno dell’accezione di prova scritta idonea ad ottenere un provvedimento monitorio occorre preliminarmente sottolineare la natura di prova costituenda del verbale redatto ex art. 696 bis c.p.c. e pertanto poco atto a essere analogo in tutto e per tutto ad un documento.[11]
Tuttavia, riprendendo quanto evidenziato riguardo all’art. 634 c.p.p., l’elenco dei documenti idonei a soddisfare il requisito della prova scritta non è tassativo, pertanto potrebbe in prima istanza essere ricompreso anche il verbale redatto dal consulente tecnico.
Vi è chi ha sostenuto che sia l’A.T.P., che la consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c., non possano fondare un procedimento per ingiunzione in quanto hanno come caratteristiche la provvisorietà e la strumentalità, attributi propri dei provvedimenti cautelari. “La strumentalità dei provvedimenti cautelari fa sì che la loro emanazione […] presupponga un preventivo calcolo di probabilità su quello che potrà essere il contenuto del futuro provvedimento principale”.[12] Pertanto il provvedimento cautelare è strumentale rispetto a ciò che verrà disposto dal Giudice con la sentenza nel giudizio di merito. Per ciò che attiene alla provvisorietà, occorre far riferimento alla funzione del provvedimento cautelare. Esso, infatti, viene assunto o ante causam o nel corso del processo al fine di evitare che si possa creare un pregiudizio nei confronti di chi ha ragione.[13] La misura cautelare, di conseguenza, rientrerà nella successiva sentenza che riconosce il diritto su cui era stata disposta; il provvedimento cautelare non ha i caratteri né gli effetti della cosa giudicata.
Sostenere l’impossibilità di fondare un procedimento monitorio per le caratteristiche richiamate non pare un assunto molto condivisibile. Se è vero che, da un lato, l’art. 669 novies, I co., c.p.c. stabilisce l’estinzione del provvedimento cautelare se il procedimento di merito non viene iniziato nel termine perentorio di cui all’art. 669 octies c.p.c., d’altro lato, è altrettanto chiaro ciò che prevede l’art. 669 quaterdecies c.p.c. laddove sancisce che le disposizioni relative al processo cautelare – salvo l’art. 669 septies c.p.c. – non si applicano ai provvedimenti di istruzione preventiva, cui si riconduce anche l’A.T.P. e la consulenza tecnica preventiva di cui all’art. 696 bis c.p.c.[14]
Per ciò che attiene alla formazione della prova, inoltre, alcuni autori sostengono che la disciplina contenuta nell’art. 696 bis c.p.c. delinea uno scopo diverso rispetto a quello perseguito dall’A.T.P. Secondo tali autori, la prova non è strumentale alla successiva azione di merito, bensì è lo strumento attraverso cui si può giungere ad una soluzione conciliativa della controversia tra le parti evitando l’instaurazione del giudizio di merito.[15] Pare tuttavia preferibile convenire con chi ritiene che, nella consulenza preventiva, la prova viene formata in maniera definitiva attraverso l’imputabilità e la quantificazione del danno, conformemente con lo scopo proprio dell’istituto: la riduzione delle controversie civili.[16]
Tale ricostruzione pare confermata anche dal V co. dell’art. 696 bis c.p.c. in cui viene disposto che se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente venga acquisita agli atti del successivo giudizio di merito, attraverso le regole proprie degli altri procedimenti di istruzione preventiva.
In conclusione, non ci si sente di escludere la possibilità che un verbale ex art. 696 bis c.p.c. possa fondare un ricorso per decreto ingiuntivo. Qualora, infatti, il consulente tecnico abbia percepito, verificato, descritto, analizzato e valutato economicamente i fatti controversi tra le parti,[17] il Giudice potrà accogliere il ricorso presentatogli ed emettere quindi il decreto ingiuntivo.
In tal senso si è espresso il Tribunale di Verona, nella persona del Giudice dott. Fontana, nel decreto ingiuntivo n. 5037/13 Ing. – n. 12694/13 R.G.I. La società ricorrente aveva stipulato con la resistente un contratto di fornitura e, a seguito di alcune fatture non pagate e di alcune contestazioni mosse da controparte relativamente a presunti vizi della merce consegnata, aveva depositato un ricorso ex art. 696 bis c.p.c.. Le due parti non riuscivano a pervenire ad una conciliazione, pertanto il consulente tecnico depositava il proprio elaborato. In tale atto, si indicava che le pretese della resistente, relativamente ai vizi riscontrati, erano pari a zero escludendo quindi qualsiasi motivazione per il mancato pagamento. A fronte quindi del persistente inadempimento della debitrice, in considerazione del fatto che in tal caso l’ingiunzione di pagamento era fondata su una consulenza preventiva tale da permettere al giudicante di determinare il diritto sulla base di un semplice calcolo matematico – senza la necessaria conoscenza di ulteriori elementi di fatto – il Giudice emetteva decreto ingiuntivo nei confronti della società debitrice.
[1] Per un esempio emblematico dei risultati dell’istituto di cui all’art. 696 bis c.p.c. si veda l’osservazione condotta dal Tribunale di Arezzo in D. Sestini, “Consulenza tecnica preventiva a fini conciliativi”, in Danno e responsabilità, 2014, 3, 340 e ss.
[2] Cfr. A. A. Romano in L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella “Commentario del codice di procedura civile”, Vol. VIII – Tomo II – Artt. 670-705, Utet Giuridica, 2014, 445.
Si riporta una recente pronuncia del Tribunale di Verona (Giudice dott. Mirenda) del 14.01.2016 “Il Presidente osserva, in diritto, come l’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 bis c.p.c. abbia portata assai più ampia del tradizionale atp di cui all’art. 696 cpc, come è fatto chiaro dall’inciso, a cui la norma affida il regolamento dei presupposti di ammissibilità, “anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'art. 696 “; osserva, così, che l’atp in funzione conciliativa (per il quale non è richiesto il requisito dell’urgenza) può trovare ingresso, oltre che per l’accertamento dello stato e/o della qualità di luoghi/cose/persone (e oltre che per trarre valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica), anche allo scopo di accertare e determinare i crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzioni di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”; in www.ilcaso.it (http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/14076.pdf).
[3] Sembra potersi ritenere, seguendo quanto dispongono gli artt. 199, 1° co., e 88, 1° co., disp. att. c.p.c., che il verbale debba essere sottoscritto dalle parti e dal consulente.
[4] Per una panoramica generale sui due orientamenti espressi dalla dottrina si rinvia a A. Balba, “La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite: quale futuro?” in www.ilcaso.it, doc. n. 122/2008, 5.
[5] A. Tedoldi, “La consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c.” in Rivista di diritto processuale, 2010, 4, 808; A. A. Romano, op. cit.
[6] Sull’applicazione della disciplina di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. nei procedimenti ad istruzione preventiva si vd. la pronuncia della Corte Cost., sent. 16.05.2008, n. 144.
[7] R. Conte, “La prova nel procedimento per decreto ingiuntivo e nell’istanza di ingiunzione ex art. 186 ter” in Rivista Diritto Processuale, 1999, 2, 469.
[8] Tale indirizzo giurisprudenziale risale a Cass. Sez. Un. sent. 12.12.1950, in Mass. Foro it., 1950, 555.
[9] A. Izzo in L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, op. cit., Vol. VII – Tomo I – Artt. 602-669 quaterdecies, 569.
[10] R. Conte, op. cit.
[11] A. Tedoldi, op. cit.
[12] P. Calamandrei, “Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari”, Padova, 1936, 58.
[13] R. Conte in L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, op. cit., Vol. VII – Tomo II – Artt. 670-705, 504.
[14] R. Sangineti “Dec. ing. su atp o consulenza” in www.claudiocecchella.it.
[15] Così G. N. Nardo “La nuova funzione conciliativa dell’accertamento tecnico preventivo alla luce della recente legge n. 80/2005” in www.judicium.it.
[16] G. Visalli, “La consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite quale provvedimento anticipatorio ai sensi dell’art. 669 octies ottavo comma c.p.c.” in www.altalex.com.
Tale conclusione è in linea con la Presentazione dei lavori della Commissione per la riforma del processo civile laddove, al punto n. 52 si afferma: “L’esperienza mostra che, spesso, il contrasto fra le parti riguarda la quaestio facti, di tal che, una volta effettuata l’istruttoria – e beninteso se non vi sono ragioni di contestazione sul modo con cui l’istruttoria si è svolta – la controversia viene conciliata. Se, dunque, si riesce ad anticipare la formazione della prova rispetto all’inizio del processo, le controversie caratterizzate da un contrasto in punto di fatto presumibilmente non verranno portate dinanzi al giudice”.
[17] A. A. Romano in L. P. Comoglio, C. Consolo, B. Sassani, R. Vaccarella, op. cit., 452.